03 dicembre 2005

I DIARI DELLA MOTOCICLETTA

“Non è questo il racconto di gesta impressionanti. È un segmento di due vite, raccontato nel momento in cui hanno percorso, insieme, un determinato tratto, con la stessa identità di aspirazioni e sogni.”
Così inizia a si conclude il film. Così descrive molto onestamente lo stesso Ernesto Guevara de la Serna i suoi Diari della Motocicletta (1952).

Non aspettatevi colpi di scena, non aspettatevi dialoghi politici infuocati, non aspettatevi appassionate storie d’amore, non aspettatevi sguardi languidi che chiedono la vostra pietà.

È solo un viaggio di due amici.

“Il Piano:Percorrere 8 mila km in 4 mesi.
Metodo: l'improvvisazione.
Obbiettivo:esplorare il continente SudAmericano conosciuto finora soltanto attraverso i libri.
Veicolo: la Poderosa, una Norton 500 del ’39 che cade a pezzi.
Pilota: Alberto Granado, il mio Alberto, Mial, amico di generosa corporatura, 29 anni, biochimico.
Autoproclamatosi scienziato errante
Sogno del pilota: concludere il viaggio entro il suo trentesimo compleanno
Copilota: il sottoscritto,Ernesto Guevara de la Serna, El Fuser, 23 anni, laureando in medicina (3esami per finire), studi sulla lebbra, patito di rugby ed occasionalmente asmatico.
Cose che ci accomunano:inquietudine, grandi ideali, un insaziabile amore per i viaggi”

L’avevano sognato per dieci anni e finalmente il 4 Gennaio partono da Buenos Aires alla volta della Patagonia, del Cile e “poi a nord lungo le Ande fino a Machu Picchu e poi al lebbrosario di SanPablo nell'Amazzonia peruviana. Destinazione finale la penisola di Guaira in Venezuela.”

Ma il piano subirà delle modifiche, i nostri eroi ci impiegheranno sette mesi e non quattro!
Il loro mezzo, la Poderosa, dopo aver dato loro non poche difficoltà ed incidenti non sopravvive ad un ennesimo scontro con una mucca ferma in mezzo alla strada, dal Cile in poi sono costretti a proseguire a piedi avvantaggiandosi di qualche passaggio fortuito.

Ed è proprio quando iniziano a viaggiare a piedi che scoprono davvero le realtà dei paesi in cui giungono. Popoli indigeni che vivono da estranei nelle loro terre, subendo ingiustizie e perseguitazioni politiche.

Tutto questo viene raccontato dalle testimonianze della gente che dialogano con i due ragazzi e non con immagini dure e penose.
E questo credo sia il limite ma anche il pregio di questo film.
È un limite perché nel pubblico non scatta immediato un sentimento di solidarietà e di immedesimazione, non si coglie subito l’indignazione dei due studenti.
Ma è anche un pregio perché permette al film di scorrere piacevolmente senza sbalzi emozionali e restando nello spirito di un viaggio di due giovani amici.

La prima volta che l’ho visto, mi ha un tantino delusa, proprio per questo.
Guardavo il film nell’attesa che succedesse qualcosa, un evento drammatico, un incontro incredibile, una donna per Ernesto che finalmente ci sta….non so…aspettavo qualcosa…il famoso colpo di scena che c’è in tutti i film e nei romanzi. Ma non avviene. I toni restano pacati. Non vi farà mai piangere, ma sorridere si. È rilassante.

Ieri sera ho guardato questo film, e mi ha fatto sbellicare dalle risate!
L’ho visto in lingua originale…l’attore che interpreta Alberto Granado ha una voce buffissima!!!
Come posso rendere l’idea…..è un misto fra Giacomo (di Aldo, Giacomo e Giovanni) e Speedy Gonzales!! Lui è il personaggio che anima un po’ la scena.

Il cast mi piace molto, tecnicamente ho da ridire solo sulle riprese notturne, si nota vistosamente che sono elaborate in digitale.

Un’altra cosa che mi dispiace è che quel bel ragazzo di Gael Garcia Bernal è poco più di un metro e cinquanta!
In questo film non si nota molto, ma in “The King”, suo ultimo film attualmente nelle sale…..si, e tantissimo!

E'un film che vi consiglio soprattutto se vi piacciono i viaggi e l’America latina.
Lo sconsiglio a chi ha la fobia delle malattie, e come ne sente una si sente tutti i sintomi addosso.

Ma alla fine di questa storia, cosa ne è stato dei nostri eroi??
Questo quello che ci riferiscono:
“Passarono otto anni prima che i due si incontrassero di nuovo.
Nel 1960, Granado accettò l’invito a trasferirsi a Cuba per lavorare come ricercatore. L’invito veniva dal suo vecchio amico Fuser che nel frattempo era diventato il comandante Che Guevara, uno dei più influenti e carismatici leader della rivoluzione cubana.
Ernesto Che Guevara andò a lottare per i suoi ideali in Congo e in Bolivia, dove fu catturato dall’esercito regolare e con il beneficio della CIA, assassinato nell’Ottobre del 1967.
Alberto Granado, sempre fedele al suo amico Fuser, rimase a Cuba, dove fondò la “Escuela de Medicina de Santiago”. Oggi vive all’avana, con sua moglie Delia, i suoi tre figli e i suoi nipoti.”

Nella foto, l'uomo anziano è il vero Alberto Granado.


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