Sacha Baron Cohen o riceve elogi o aspre critiche.
Chi lo elogia confida nel fatto che dietro alle sua "comicità demenziale" ci sia un'infinita intelligenza, neanche fosse un nuovo profeta venuto ad aprirci gli occhi sulle ipocrisie del mondo!
Chi lo critica, delle sue volgarità farebbe volentieri a meno.
Ne "Il Dittatore" abbandona l'effetto candid camera che aveva caratterizzato i suo film precedenti, ma ancora una volta, come in "Borat" e "Bruno", sceglie un personaggio straniero da tuffare in America per fingere stupore e criticarne più facilmente usi e costumi. Non sta diventando una formula un po' stantia?
Disciplinato da una sceneggiatura e dalla collaborazione con attori come Ben Kingsley, Anna Faris, Jason Mantzoukas e le partecipazioni straordinarie di Megan Fox ed Edward Norton (che in due secondi si giocano la reputazione), Cohen deve rispettare gli spazi, si limita risultando meno sgradevole del solito.
Forse anche perchè stavolta non ha messo in mezzo una vera nazione, i giornalisti, gli omessessuali, le adozioni... ha puntato su un dittatore di una terra inesistente. Facile accettare la parodia di un dittatore, sorattutto ora che sono in via d'estinzione.
E se fossero ancora tra noi sotto altre forme?
A detta di Cohen tra democrazia e dittatura non ci sono poi così tante differenze, l'unica è che la democrazia è imperfetta la dittatura no.
Il discorso finale de "Il Dittatore" è imparagonabile con il discorso all'umanità de "Il Grande Dittatore" di Charlie Chaplin. Infatti uno è Grande e l'altro è niente.
Il ritmo non è incalzante, le battute hanno più efficacia nel trailer che dilutite nel film.
Deludente.
Il Dittatore
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